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Ferdinando II di Borbone e Pomigliano d’Arco

Il Seggio del Popolo - Locanda

di Giuseppe Giunto
Nel piccolo Comune di Pomigliano d’Arco ci sono due chiese che sono legate in un certo senso al re Ferdinando II delle Due Sicilie, una è la Chiesa di San Francesco d’Assisi, per chi non è di Pomigliano, la chiesa in origine non era dov’è adesso, ma era nella piazzetta denominata “o Passo”, l’altra è la cappelletta di San Pietro Apostolo, che si trova in Borgo Pacciano confinante con il comune di Sant’Anastasia.  Ma facciamo un passo indietro….

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Dal luglio 1806 al marzo 1815, con un susseguirsi di leggi e decreti il governo napoleonico, sopprimeva numerosi ordini religiosi, riduceva e chiudeva conventi, monasteri e, decretava che i beni della chiesa fossero incamerati dai comuni. In applicazione di queste leggi, dei tanti beni che possedeva il monastero di San Gregorio Armeno che dovettero passare ai comuni, ci fu la chiesa di San Francesco d’Assisi che passò nei beni del demanio comunale di Pomigliano, e non fu restituita neanche dopo la restaurazione borbonica. Molti beni ecclesiastici furono gestiti dai sindaci, questi beni incamerati dai Comuni, non più amministrati dal monastero napoletano si ridussero in pessime condizioni. Frà questi la chiesa di San Francesco d’Assisi, che si ridusse in condizioni tali da non permettere più il culto. Vogliamo pensare che il municipio non fosse in condizioni economiche tali da potersi permettere di tenere la chiesa in condizioni tali al culto. Il vescovo di Nola monsignor Vincenzo Maria Torrusio emana un interdetto dopo una sua visita pastorale nel 1 Settembre 1815, con tale atto la cappella fu chiusa e non fu più possibile officiare al suo interno, perché era ridotta in pessime condizioni.

Ormai di proprietà del municipio, il Decurionato decise di locare la chiesa, si prese una decisione disastrosa, affidare la Chiesa al Cav. Emanuele Suarez, che la utilizzò come deposito e magazzino per la vendita di Vino. Questa chiesa è legata a Ferdinando II di Borbone, per un motivo molto semplice, rientrato da una battuta di caccia e, passando per Pomigliano nella zona del passo, Ferdinando II aveva notato questa chiesetta ridotta a un magazzino-deposito, il re fece chiamare subito il sindaco Gennaro Coppola gli propose di restaurarla e ingrandirla, promettendo il suo personale contributo; ma ebbe dal sindaco una risposta negativa; che prima si sarebbe dovuto informare l’intendente(il prefetto dell’epoca)poi sbrigare vari cavilli, e che la cosa non era così semplice. Il re rimase seccato e, infastidito da una risposta che forse non si aspettava, sta di fatto, che il 24 ottobre 1842, al sindaco Gennaro Coppola, il sotto intendente comunicò con ordine superiore, di restituire al culto questa cappella per desiderio sovrano; per tanto, il 1 Novembre successivo, sciolta la locazione relativa ad essa, tra il comune ed il cav. Emanuele Suarez, la chiesa di San Francesco d’Assisi fu restaurata e affidata ad un rettore.  

Nel piccolo borgo di Pacciano, borgata che si trova al confine di Pomigliano con Sant’Anastasia, c’è una cappelletta, dedicata a San Pietro Apostolo, questa non fu accatastata nel 1753, ma c’era, ed infatti un anonimo la menziona come pubblica e povera. Si potrebbe risalire a questa chiesetta già nell’aprile del 1615, da una visita pastorale del vescovo di Nola Giovan Battista Lancellotti, in cui la descrive come pubblica, priva di rendite e in cattive condizioni. Nella prima metà dell’ottocento il municipio di Pomigliano era restio ad assegnarle un economo permanente, anche perché la chiesa che si trovava in una strada soggetta alle acque reflue, e durante le piogge torrenziali provenienti da Sant’Anastasia si inondava, si decise di lasciarla così com’era.

Questa indigenza la condusse in totale abbandono, questa volta come fu con la chiesa di San Francesco d’Assisi, che il Marchese di Pietra-Molara avanzò una questione etica contro il municipio, sia presso la corte di Ferdinando II, sia presso la curia di Nola. Si attivò prima il vescovo Formisano seguito dal re, lo stesso sovrano Ferdinando II di Borbone, con rescritto 5 dicembre 1855, comunicato il 27 luglio seguente, obbligò il comune a provvedere con un economo permanente nella persona del sindaco don Salvatore Passarelli, che ne ricevette il possesso il 25 agosto 1856 è rimproverò, che ciò non fosse stato fatto prima.

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