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Presentato da Enrico Fagnano il nuovo libro di Raffaele Romano “Il sindacato Italiano visto dalla CIA”

Il Seggio del Popolo - Locanda

Il 30 maggio scorso è stato presentato anche a Napoli IL SINDACATO ITALIANO, VISTO DALLA CIA (Amazon, 2023), secondo libro della trilogia di Raffaele Romano sulle attività dei servizi segreti in Italia. Sull’argomento il noto storico e giornalista d’inchiesta ha già pubblicato ANDREOTTI, CRAXI e MORO VISTI DALLA CIA, uscito nel 2022, mentre il terzo libro è in lavorazione. La serata, che si è svolta nello spettacolare scenario della Sala Capitolare di San Domenico Maggiore, è stata condotta dallo scrittore e storico Enrico Fagnano, che ha curato la postfazione del libro presentato, mentre del precedente ha curato la prefazione.

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Nella storia ufficiale, quella narrata nelle accademie, i personaggi sono tutti delineati con precisione, hanno ideali consolidati e i loro ruoli sono individuati con chiarezza. In questo contesto i vincitori hanno elaborato strategie di genio, spesso spregiudicate e di grande coraggio, e hanno attivato le migliori forze in campo per raggiungere il loro obbiettivo, mentre gli sconfitti sono stati giustamente sopraffatti e le loro idee, frutto della peggiore degenerazione politica, sono state puntualmente espulse dall’orizzonte del pensiero. Dietro questa storia, fatta di esempi lodevoli e di esiti consolatori, però c’è un’altra storia, terribilmente più cruda, o meglio più vera, cioè più aderente a ciò che accade
realmente. Questa è una storia fatta di intese inconfessabili, di alleanze proibite, di doppi giochi e di clamorosi voltafaccia, se non di veri e propri tradimenti. Il suo motore sono gli interessi economici e finanziari e spesso si tratta di interessi che riguardano le ristrette élite al potere, oramai veri e propri comitati di affari transnazionali.

Non c’è episodio che sfugga a questa regola e non presenti questo doppio livello di lettura. Ed è di questa storia segreta e non scritta, potremmo dire di questa storia della storia, che si occupa Raffaele Romano. E lo fa da sempre con le sue inchieste per l’Avanti! e per il Nuovo Giornale Nazionale, con le quali racconta fatti ed eventi internazionali, descrivendo ciò che accade dietro la facciata, nella zona grigia degli avvenimenti. Con riferimenti sicuri e dati incontestabili, frutto di lunghe e accurate ricerche, Romano smonta le versioni ufficiali e ricostruisce con spirito critico le vicende di cui si occupa. E lo ha fatto anche nel suo precedente, e apprezzatissimo, lavoro Andreotti, Craxi e Moro visti dalla CIA. In questo libro Romano ha utilizzato principalmente documenti inediti o desecretati, provenienti dalle autorità USA e in particolare dalla CIA, attraverso i quali ha mostrato cosa i nostri grandi alleati pensavano dell’Italia e della sua classe dirigente, ma ha descritto anche la spregiudicatezza con la quale ci hanno trattato per decenni.

Il nuovo libro Il sindacato italiano visto dalla la CIA si presenta come la continuazione del precedente, anche se non certo come la sua conclusione, perché di indagini da fare, di inchieste e di interrogativi a cui rispondere, ce ne sono ancora molti. Anzi, più si va avanti e più si aprono nuovi fronti da esplorare. La lettura de Il sindacato italiano visto dalla la CIA conferma, quindi, le verità già emerse in modo impietoso, ma chiaro, sui rapporti tra gli USA, la sua intelligence e la nostra vita pubblica. Da questo punto di vista, per lungo tempo l’Italia è stata considerata dal suo più importante alleato come una nazione a sovranità limitata, nei cui affari interni era lecito interferire.
Forse solo negli anni Novanta la morsa si è allentata e questo perché dopo la caduta del muro di Berlino l’Italia ha perduto gran parte della sua importanza militare e strategica, legata in buona misura alla Guerra Fredda.


Dalla lettura de Il sindacato italiano visto dalla la CIA si traggono molte conferme per quanto riguarda l’impianto generale delle vicende relative alla nostra vita pubblica, ma si scopre anche che, con particolare riguardo alla vita sindacale, le questioni sono state ancora più complesse e addirittura ancora più confuse. Infatti oltre alle ingerenze di provenienza occidentale (da non sottovalutare quelle di
parte inglese), pesanti sono state anche quelle provenienti dall’Est Europa, e inoltre non sempre i rappresentati dei nostri sindacati hanno perseguito con coerenza i propri obbiettivi. Ci sono stati equivoci, fraintendimenti, cambi improvvisi di rotta, e comunque incertezze, che hanno reso le vicende in questo campo in taluni casi quasi indecifrabili. In particolare spropositato è stato il numero di scissioni (delle quali a un certo punto si perde letteralmente il conto), che hanno reso meno incisiva l’attività sindacale in momenti cruciali della nostra storia nel Secondo Dopoguerra. Per concludere, riportiamo un’opinione espressa da Bruno Buozzi nel Congresso di Roma del 1918, che probabilmente è l’unico possibile paradigma per arrivare al successo in qualsiasi impresa politica, e più in generale sociale.

Ecco le parole del grande sindacalista: ‘Noi siamo risolutamente contrari alla teoria che l’organizzazione debba sempre seguire la massa anche se disorganizzata. Tale teoria rende inutile l’organizzazione. Serve a formare dei ribelli di un’ora, ma non mai delle coscienze rivoluzionarie; ad organizzare improvvisamente delle migliaia di operai facili da condurre al macello ma che se ne andranno immediatamente non appena finita l’agitazione per la quale si sono associati. La coscienza delle masse si sviluppa e si dimostra con l’opera perfezionata, illuminata e disciplinata, la quale solo attraverso anche a qualche rinuncia che è spesso un segno di forza sa conquistare e
conservare per prepararsi a nuove conquiste’.

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