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Fumel e la vergogna della cittadinanza onoraria: il Movimento Equità Territoriale chiede giustizia storica

BCC

Rubrica libera l’Indipendentista, a cura di Stefano Bouché
Cinque comunità calabresi e un’eredità che pesa come un macigno. La figura di Pietro Fumel, ufficiale piemontese noto per la brutale repressione del brigantaggio meridionale, torna sotto i riflettori grazie all’iniziativa del Movimento Equità Territoriale, che ne chiede la cancellazione della cittadinanza onoraria concessa nel 1862-1863 da Cosenza, Amendolara, Bisignano, Roseto Capo Spulico e San Marco Argentano. La storia di Fumel è emblematica del sanguinoso processo di unificazione italiana, segnato da violenze inenarrabili nel Sud. Le cronache dell’epoca raccontano di esecuzioni sommarie, teste mozzate ed esposte come monito, cadaveri gettati nei fiumi senza alcuna dignità. Scene di terrore che ancora oggi suscitano indignazione, ponendo una domanda inevitabile: è accettabile che un personaggio del genere venga ancora annoverato tra i cittadini onorari di queste comunità?

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A sollevare il caso è Roberto Rose, membro del direttivo del Movimento Equità Territoriale e stretto collaboratore del giornalista e storico Pino Aprile. Rose ha già avanzato la richiesta di revoca a una delle amministrazioni coinvolte e ora intende estenderla alle altre. «A Bisignano, nella mia terra d’origine – racconta Rose – Fumel scatenò una violenza inaudita nella zona di Macchia Tavola, sterminando le famiglie dei capi briganti Vincenzo e Giovanni Russo. La sua repressione non fece distinzioni tra colpevoli e innocenti, utilizzando metodi degni di un carnefice più che di un militare». L’obiettivo è chiaro: ottenere un atto di giustizia storica. «Mi chiedo come si possa ancora oggi mantenere in vigore una cittadinanza onoraria concessa a chi ha reso la violenza un orribile spettacolo – prosegue Rose – Le amministrazioni devono prendere coscienza di ciò che rappresenta Fumel e revocare immediatamente questa onorificenza. I fatti parlano chiaro».

Un appello che non può essere ignorato, perché la memoria storica non può restare ostaggio di vecchie narrazioni. Riconoscere la verità è il primo passo per restituire dignità a quelle terre che troppo a lungo hanno dovuto subire in silenzio.

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