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La Corte ferma De Luca: “Incostituzionale il terzo mandato”. È scontro tra istituzioni

BCC

È arrivato lo stop dalla Corte Costituzionale alla legge campana che avrebbe permesso a Vincenzo De Luca di candidarsi per un terzo mandato consecutivo alla guida della Regione. Un verdetto storico, il primo nel suo genere, che non solo blocca l’attuale presidente, ma definisce un principio generale per tutte le Regioni ordinarie: il limite dei due mandati consecutivi non può essere aggirato.

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Nel mirino della Consulta è finita la legge regionale n. 16 del 2024, in particolare l’articolo 1, laddove si stabiliva che il calcolo dei mandati dovrebbe partire “da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge” . Un escamotage normativo – secondo i giudici costituzionali – che violerebbe l’articolo 122 della Costituzione, il quale impone alle Regioni di rispettare i principi fondamentali fissati dalla legge statale.

Una bocciatura netta, che ha generato la reazione furibonda di De Luca: «Accolta una tesi strampalata, progettata in udienza. La buona notizia è che ci sarà molto lavoro per gli imbianchini: si dovrà cancellare in tutte le sedi giudiziarie la scritta ‘La legge è uguale per tutti’» . Il governatore non ha risparmiato toni velenosi, denunciando una disparità di trattamento rispetto a Regioni come Veneto, Marche e Piemonte, che avrebbero approvato leggi simili senza incorrere nella stessa censura.

La decisione della Consulta arriva dopo una lunga giornata di confronto tra i legali delle parti. In aula, il costituzionalista Giandomenico Falcon, in difesa della Regione Campania, ha sottolineato le presunte incoerenze normative tra territori diversi. Ma per la Corte la linea è chiara: una volta che una Regione ha scelto lo statuto con elezione diretta del presidente, il divieto del terzo mandato consecutivo deve essere rispettato.

Si apre ora un nuovo scenario per la politica campana. Con la candidatura di De Luca fuori gioco, sarà necessario ridefinire gli equilibri interni al centrosinistra, mentre le opposizioni esultano per quella che citano “una vittoria della legalità costituzionale”. Ma il dibattito è tutt’altro che chiuso. La sentenza, seppur chiarificatrice, rilancia il tema dei rapporti tra Stato e Regioni, tra autonomie legislative e vincoli nazionali. E riapre una domanda che resta sullo sfondo: fino a che punto può spingere il potere legislativo regionale senza scivolare nell’autoreferenzialità?

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