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Napoli non è più il ciucciariello: l’onda azzurra risveglia l’identità di un popolo

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Rubrica l’indipendentista a cura di Stefano Bouché

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Chi ha vissuto la giornata di ieri lo sa: qualcosa è cambiato. Ma anche chi non c’era può intuire la portata di ciò che è accaduto. Perché a Napoli, come spesso accade, il calcio è solo il punto di partenza. Quello che si è vissuto tra le strade, i vicoli e le piazze è stato molto di più di una partita: è stata un’esperienza collettiva, un rito di popolo, una catarsi.

La città si è trasformata lentamente. Al mattino, il solito caos: traffico, voci, fretta. Ma già si avvertiva un’energia diversa. Le strade hanno cominciato a svuotarsi, le persone a ritirarsi nei quartieri, davanti ai maxischermi o agli amici. E al loro posto aumentavano le bandiere, i cori, il colore azzurro. Napoli si stava vestendo della sua fede, ma anche di una voglia antica di riscatto.

In poche ore, la città è diventata azzurra. Gli abiti dei tifosi, le vetrine, le strade, le facce: tutto era Napoli. Gruppi sempre più numerosi si radunavano come se rispondessero a un richiamo invisibile, e con loro cresceva l’attesa, saliva la tensione. Poi la partita, seguita con il cuore in gola. E infine, l’esplosione: una festa che ha attraversato la notte e svuotato ogni residuo di rabbia, paura e sacrificio.

Oggi l’aria è diversa. Più leggera. Quasi malinconica, ma consapevole. Perché questa è una vittoria simbolica, uno scudetto con un valore profondo: Napoli ha ritrovato se stessa. E forse è il momento di dirlo chiaramente: il ciucciariello, simbolo di debolezza e subalternità, di una vita di solo sacrificio e miseria non ci rappresenta più … … … NON CI DEVE RAPPRESENTARE PIÙ.

Oggi si alza, o per meglio scrivere si rafforza, una voce nuova, che invoca un altro simbolo: il cavallino rampante. Quello degli stemmi borbonici, quello che corre, che lotta, che rappresenta la Napoli capitale, orgogliosa e fiera. Non più l’asino che porta il peso della storia, ma il cavallo che la riscrive. È il segno che qualcosa si è mosso in profondità … … … DEFINITIVAMENTE. È ormai in atto una narrazione completamente diversa, in grado, parafrasando Tomasi da Lampedusa, di cambiare tutto nell’essere ciò che in parte possa apparire come sempre. Il Sud, la a gente del Sud non è più disposta ad accettare l’idea di essere inferiore.

E in questa riscoperta di identità si affaccia anche la possibilità di un legame nuovo con Roma, città sorella, legata a Napoli da secoli di storia e cultura. Il Foedus Neapolitanum non è solo un antico patto: è un’idea da riattivare, un’alleanza culturale e politica che può rivelarsi preziosa. Anche i colori giallorossi, in fondo, parlano un po’ napoletano.

Certo, il futuro è ancora da scrivere. In molti si interrogano sul destino di Antonio Conte, sul ruolo dell’allenatore, sul progetto sportivo. Ma forse è il momento di ricordare che a Napoli non basta la programmazione, approccio talvolta freddo ed in disarmonia con il suono delle nostre corde: ed allora che vengano passione e sacrificio. La passione, il sacrificio perpetuati, in una visione costruttiva, del resto, potrebbero divenire una delle manifestazioni maggiormente performanti di organizzazione. Passione e Sacrificio, capacità di lottare, di andare oltre, ieri, sono tornate a pulsare forte.

Quindi? Alea iacta est, il dado è tratto, o come talvolta ho ascoltato”il dardo è tratto”. Le frecce azzurre, l’onda azzurra sono partite. Sta a noi decidere se cavalcarle davvero o tornare a guardarle passare. Scudetti come bottini di guerra, Capitale Sportiva Europea, sede dell’America’ Cup: i treni non passano solo una volta, va bene, ma se perdiamo quelli di oggi perché mai dovremmo prendere quelli di domani?

Napoli non è più il ciucciariello: l’onda azzurra risveglia l’identità di un popolo

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