La vittima è Chiara Jaconis, 22 anni, turista padovana. A ucciderla una statuina d’onice lanciata da un balcone. Indagato un tredicenne con disturbi psichici. La sorella: “Chiara credeva nella giustizia, ora tocca a noi crederci per lei.”
Un oggetto lanciato da un balcone. Una statuina d’onice trasformata in arma. Una giovane vita spezzata nel cuore pulsante della città, nei Quartieri Spagnoli. Si chiude così l’indagine sulla morte di Chiara Jaconis, ventiduenne padovana colpita mortalmente lo scorso settembre mentre passeggiava nel centro storico.
Dopo mesi di ricostruzioni, accertamenti e perizie, la Procura di Napoli ha stabilito che il responsabile sarebbe un tredicenne affetto da disturbi psichici, già noto per episodi simili di lanci pericolosi. Una vicenda che, nella sua assurdità, accende i riflettori su un contesto spesso trascurato: quello delle fragilità psichiche non adeguatamente seguite, dei minori lasciati soli, dell’imprevedibilità che può diventare tragedia.
L’indagine, ora formalmente chiusa, ha anche stabilito l’archiviazione della posizione del fratello maggiore, inizialmente sospettato ma poi ritenuto estraneo ai fatti. Resta però il vuoto, il dolore, la rabbia. E il bisogno, più forte che mai, di giustizia e verità.
A parlare è la sorella di Chiara, che in poche parole racchiude il senso di una perdita che nessun atto giudiziario potrà mai colmare:
“Provo rabbia di fronte a questo primo accenno di verità. Anche se si tratta solo di un piccolo passo, fa ancora più male sapere che tutto questo avrebbe potuto essere evitato. Non passa giorno senza che io pensi a Chiara: è una presenza costante nei miei pensieri. Nessuno potrà mai riportarmela indietro.
Ma Chiara credeva nella giustizia, ci ha sempre creduto con forza. E ora non mi rimane che credere anch’io in ciò in cui credeva lei.
È un dovere cercare verità e giustizia, e confido che la legge possa aiutarci a ottenerle.”
Ora, con la chiusura delle indagini, si apre una nuova fase: quella della responsabilità. Quella del dovere civile di impedire che simili episodi accadano ancora. E quella, soprattutto, del rispetto che si deve a Chiara e a tutte le vite che non ci sono più per colpa del silenzio, della negligenza, dell’abbandono.