
Giunge da Trieste una notizia che riaccende i riflettori su una delle pagine più controverse della recente storia italiana: gli scontri del 18 ottobre 2021 al Varco 4 del porto giuliano, quando migliaia di cittadini manifestarono pacificamente contro l’obbligo del Green Pass nei luoghi di lavoro. Oggi, a quasi quattro anni di distanza, si è tenuta la prima udienza del processo relativo allo sgombero violento di quella protesta. E in aula è accaduto qualcosa di importante: secondo quanto riportato dal Giornale del Friuli, l’ex capo della Digos di Trieste, Zampaglione, ha ammesso che furono le forze dell’ordine a dare inizio alle violenze, intervenendo con manganelli, idranti e lacrimogeni contro manifestanti inermi.
Alla domanda precisa dell’avvocato Pierumberto Starace, difensore di alcuni degli imputati, su quando si siano determinate le violenze, Zampaglione ha risposto senza mezzi termini: l’intervento della polizia ha scatenato gli scontri. Una dichiarazione che, di fatto, smentisce la narrazione dominante dell’epoca, che dipingeva i manifestanti come facinorosi. A motivare l’intervento, secondo quanto emerso in aula, non fu la tutela dell’ordine pubblico, ma quella degli interessi economici portuali, come evidenziato nel comunicato diffuso dal coordinamento “No Green Pass e Oltre”, presente oggi in aula: “La realtà dell’aggressione di Stato a migliaia di manifestanti pacifici è pienamente emersa. La motivazione per aggredire la gente fu quella di tutelare gli interessi economici portuali che avremmo minacciato. Un sentito ringraziamento a tutti e tutte le solidali presenti in aula”. Un atto d’accusa durissimo, che chiama in causa lo Stato, i poteri economici – in particolare tedeschi – e la gestione politica dell’emergenza sanitaria. Le parole pronunciate in tribunale confermano quanto molti sospettavano: che la protesta del porto fu repressa per ragioni che andavano ben oltre la “sicurezza sanitaria”.
A chi in quei giorni scelse di resistere, a chi fu manganellato, cacciato, deriso, va oggi la nostra più sincera solidarietà. La verità comincia a emergere, e con essa anche la dignità di un popolo che non ha mai smesso di lottare. La prossima udienza è fissata per il 17 settembre 2025 alle ore 12:30. È il momento di restare uniti, perché quella ferita è ancora aperta. E la giustizia, quella vera, va pretesa con determinazione.
Fonte: ilgiornaledelfriuli.it