Rubrica Oltre Manica, di Alessandro Casillo
L’adolescenza rappresenta uno dei periodi più complessi e delicati dello sviluppo umano, caratterizzato da profonde trasformazioni fisiche, cognitive ed emozionali che spesso generano crisi identitarie e difficoltà relazionali. In questo contesto di fragilità e ricerca, il volontariato emerge come una delle risposte educative più autentiche e trasformative, capace di offrire agli adolescenti un terreno fertile per la crescita personale e sociale.
La vulnerabilità dell’età di mezzo
L’adolescenza si configura come un’età di transizione, sospesa tra l’abbandono delle certezze infantili e la conquista di un’identità adulta ancora in formazione. Erikson (1950), nel suo modello dello sviluppo psicosociale, identifica questo periodo come la fase critica della “identità versus confusione di ruolo”, durante la quale i giovani si interrogano su chi sono e quale posto occupano nel mondo. Questa ricerca identitaria, pur essendo un processo evolutivo naturale, può diventare fonte di significative difficoltà quando l’adolescente si trova privo di riferimenti stabili o di contesti che possano offrire senso e appartenenza.
La società contemporanea, con i suoi ritmi frenetici e la sua enfasi sull’individualismo competitivo, spesso non riesce a fornire ai giovani quegli spazi di crescita autentica di cui hanno bisogno. Il rischio è che l’adolescente si ritrovi isolato nella propria crisi, sviluppando comportamenti disfunzionali o cadendo in forme di disagio psicologico che possono compromettere il suo sviluppo futuro.
Il volontariato come esperienza trasformativa
In questo scenario, il volontariato si presenta come un’opportunità educativa di straordinaria potenza. Non si tratta semplicemente di un’attività altruistica, ma di un vero e proprio laboratorio esistenziale dove l’adolescente può sperimentare dimensioni fondamentali del proprio essere: la capacità di prendersi cura dell’altro, il senso di utilità sociale, la scoperta dei propri talenti e limiti.
Dal punto di vista psicologico, l’esperienza del volontariato attiva quello che Seligman (2011), definisce “benessere eudaimonico”, ovvero una forma di soddisfazione che deriva dal sentirsi parte di qualcosa di più grande di sé e dal contribuire al bene comune. Questa dimensione risulta particolarmente significativa per gli adolescenti, che spesso vivono una sensazione di vuoto esistenziale e di mancanza di scopo.
L’atto del donare il proprio tempo e le proprie energie per gli altri rappresenta, inoltre, un potente antidoto al narcisismo adolescenziale, quella fase evolutiva caratterizzata da un’eccessiva focalizzazione su di sé che può ostacolare lo sviluppo di relazioni mature. Il volontariato costringe, in senso positivo, l’adolescente a decentrarsi, a guardare oltre i propri problemi e a sviluppare quella competenza emotiva che Goleman (2006) definisce “intelligenza sociale”.
La costruzione dell’identità attraverso l’azione solidale
Uno degli aspetti più significativi del volontariato come strumento educativo risiede nella sua capacità di favorire la costruzione identitaria attraverso l’esperienza concreta. L’adolescente che si dedica al servizio degli altri non si limita a riflettere teoricamente su chi vuole diventare, ma lo sperimenta attivamente attraverso le proprie azioni.
Questa dimensione esperienziale è fondamentale perché, come sottolinea Dewey (1938), nella sua teoria dell’apprendimento, è attraverso il “learning by doing” che si realizza la crescita più autentica e duratura. Il volontariato offre agli adolescenti la possibilità di testare le proprie capacità, di confrontarsi con situazioni reali di difficoltà e di scoprire risorse interiori che spesso ignoravano di possedere.
La ricerca in ambito psicosociale ha dimostrato come gli adolescenti coinvolti in attività di volontariato sviluppino maggiori competenze relazionali, una più solida autostima e una migliore capacità di gestire lo stress e le situazioni problematiche. Questi effetti benefici si riflettono non solo sul benessere immediato, ma anche sulle prospettive future, favorendo scelte scolastiche e professionali più consapevoli e orientate al bene comune.
L’accompagnamento educativo nel volontariato
Perché il volontariato possa esprimere pienamente il suo potenziale educativo, è tuttavia necessario che sia inserito all’interno di un progetto pedagogico strutturato. Non basta, infatti, mettere i giovani a contatto con situazioni di bisogno: è fondamentale che questo incontro sia mediato da figure educative capaci di accompagnare il processo di crescita.
L’educatore che opera nel contesto del volontariato giovanile assume il ruolo di facilitatore dell’esperienza, aiutando l’adolescente a elaborare emotivamente ciò che vive, a riflettere sui significati delle proprie azioni e a integrare l’esperienza solidale nella propria narrazione identitaria. Questo accompagnamento risulta particolarmente importante nei momenti di difficoltà, quando l’adolescente può sentirsi sopraffatto dalla sofferenza altrui o scoraggiato dalle proprie limitazioni.
Una pedagogia della speranza
Il volontariato, quando è vissuto come autentica esperienza educativa, diventa per gli adolescenti una scuola di speranza. In un’epoca segnata da incertezze e precarietà, l’esperienza del servizio offre ai giovani la possibilità di riscoprire la propria capacità di incidere positivamente sulla realtà, di essere protagonisti di cambiamento piuttosto che vittime passive delle circostanze.
Questa dimensione di empowerment risulta particolarmente preziosa per quegli adolescenti che vivono situazioni di particolare vulnerabilità sociale o familiare. Il volontariato può rappresentare per loro un’opportunità di riscatto, un contesto in cui valorizzare le proprie competenze e costruire relazioni significative che possano costituire un fattore protettivo rispetto ai rischi del disagio.
In conclusione, il volontariato si configura come una delle risposte educative più promettenti alle difficoltà adolescenziali, non perché le elimini, ma perché le trasforma in occasioni di crescita e di scoperta. È attraverso l’incontro autentico con l’altro e con il proprio desiderio di contribuire al bene comune che l’adolescente può trovare quella direzione esistenziale che lo accompagnerà verso una vita adulta più consapevole e responsabile.
Erikson, E. H. (1950). Childhood and Society. New York: Norton.
Seligman, M. E. P. (2011). Flourish: A Visionary New Understanding of Happiness and Well-being. New York: Free Press.
Goleman, D. (2006). Social Intelligence: The New Science of Human Relationships. New York: Bantam Books.
Dewey, J. (1938). Experience and Education. New York: Macmillan.