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Calabria 2025: vince Occhiuto, ma a trionfare è il silenzio dell’urna. E il meridionalismo? Continua a non esistere…

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Le urne si sono chiuse, i risultati sono arrivati, ma il verdetto più amaro è quello che non si conta nei voti: oltre la metà dei calabresi ha scelto di non scegliere. Alle elezioni regionali 2025 in Calabria, l’affluenza si è fermata al 43,14%, secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Interno. Un calo rispetto al già basso 44,36% del 2021: numeri che certificano una frattura sempre più profonda tra cittadini e politica.

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Il presidente uscente Roberto Occhiuto è stato confermato con circa il 61% dei voti DI COLORO CHE SONO ANDATI A VOTARE PERò, contro il 37% del candidato di centrosinistra Pasquale Tridico. Ma la vittoria numerica si scontra con una verità più amara: quel 61% rappresenta in realtà solo un quarto dell’elettorato complessivo. Significa che, su dieci calabresi aventi diritto al voto, sei non sono andati al seggio. Un dato che pesa come un macigno sulla legittimità democratica e sulla vitalità politica della regione.

Da anni, la Calabria è la regione con i livelli più bassi di partecipazione elettorale. Gli analisti parlano di un astensionismo strutturale, figlio di sfiducia, delusione, emigrazione giovanile e di un senso di distanza crescente dalle istituzioni. Molti cittadini non si riconoscono più nei partiti tradizionali, e sempre meno credono che il voto possa cambiare davvero qualcosa. Un fenomeno che, se non invertito, rischia di trasformare intere regioni del Mezzogiorno in democrazie passive, dove la minoranza votante decide per tutti, e quasi sempre è deciso dal Nord.

Le campagne elettorali si svuotano di contenuti, diventano slogan e rituali mediatici. Chi vive la difficoltà quotidiana — dalla sanità alla disoccupazione, dai trasporti alla fuga dei giovani — non trova più interlocutori credibili. E così il popolo del Sud tace, non per indifferenza, ma per esasperazione. Lo ha detto anche Pasquale Tridico, riconoscendo la sconfitta: “Qui la vera maggioranza è quella che non vota.” E aveva ragione. Perché in Calabria — come in larga parte del Sud — il vero partito vincitore è quello dell’astensione. Un partito silenzioso, invisibile, ma ormai dominante.

Il dato calabrese è uno specchio del Mezzogiorno. Se il Sud vuole davvero riscattarsi, non può più aspettare che a salvarlo siano i partiti nazionali, che da decenni alternano promesse e fallimenti. Serve una forza meridionalista vera, radicata, moderna e nuova, capace di parlare alle persone, di restituire dignità al voto e speranza al territorio. Perché nessun altro ci salverà se non noi stessi. E ogni volta che un meridionale decide di non votare, lascia che altri decidano per lui.

L’astensionismo in Calabria non è un semplice dato statistico, ma un grido silenzioso. Dietro quel 43% di votanti si nasconde un Sud che non crede più nella politica, che ha smesso di illudersi e che attende un nuovo protagonismo. La prossima sfida non sarà solo contare i voti, ma riconquistare la fiducia di chi ha smesso di credere. Perché un popolo che non vota è un popolo che rischia di scomparire politicamente.

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