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Sud e civiltà: tenuto a Villa Domi, il ‘IX Convegno Tradizionalista di Napoli Capitale’: “Popolo nella Guerra d’Indipendenza delle Due Sicilie”

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Nella spettacolare cornice di Villa Domi, Sud e Civiltà ha tenuto oggi il ‘IX Convegno Tradizionalista di Napoli Capitale’ dal titolo: Il popolo nella Guerra d’Indipendenza delle Due Sicilie. Nel corso dell’incontro, che ha visto una partecipazione ampia ed entusiasta di studiosi e appassionati, è stata ripercorsa e approfondita l’epopea sfortunata del nostro Sud e si è discusso delle strade che il nostro popolo dovrà intraprendere per riappropriarsi del proprio destino.
Nel corso dei lavori, moderati con la consueta professionalità da Marina Lebro, sono intervenuti Silvestro Oliva, che ha descritto le figure più emblematiche della guerra d’indipendenza, Maria Carmela Marino, che ha parlato dell’immane tragedia delle deportazioni, Edoardo Vitale (presidente di Sud e Civiltà e direttore della prestigiosa rivista L’Alfiere), che ha affrontato il tema della legittimità della rivolta popolare, Maria Rosaria De Rito, che ha raccontato la tragica vicenda della giovane ribelle calabrese Ciccilla, ed Enrico Fagnano, che ha descritto l’inizio della guerra popolare e le sua successiva evoluzione.

Le conclusioni sono state affidate allo studioso Giovanni Turco, che ha richiamato i passaggi più significativi degli interventi e ha sottolineato gli aspetti più drammatici dei temi trattati.
Guerra d’indipendenza delle Due Sicilie. Questo è il nome appropriato per il conflitto che insanguinò la nostra patria dal 1860 in poi. All’invasione di un esercito sceso per sottometterlo con la forza, il Sud reagì con un’imponente sollevazione popolare, soffocata nel sangue e nel dolore dopo più di dieci anni. Nei luoghi che conobbero le loro gesta, ancora oggi si serba la memoria dei nostri insorgenti.
Per giustificare la violenza della repressione, gli invasori li chiamarono ‘briganti’, con un termine che non appartiene al nostro linguaggio. Lo fecero per disprezzarli e perché la gente si vergognasse di amarli. Eppure erano stati Garibaldi e i Savoia a infrangere ogni legge, invadendo il Regno del Sud contro la volontà della stragrande maggioranza dei suoi abitanti. Ma il sentimento popolare è difficile da sradicare: così le figure di spicco di quella rivolta sono entrate nel cuore della nostra gente e il loro nome suscita ancora oggi fremiti di libertà.
Gli storici di regime, indispettiti dalla inefficacia della loro retorica propagandistica e trascurando un secolo e mezzo di storiografia seria, diffondono sfacciatamente la loro tesi antiscientifica, attribuendo alla grande rivolta popolare del Sud (e sarebbe un caso unico nella Storia!) natura criminale. E coerentemente si sforzano di dimostrare che il nostro era un popolo disumano, composto da persone selvagge, in modo che sia impossibile immedesimarsi con loro.

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In effetti l’Italia non vuole sanare le ferite di quella guerra. Anzi, per faziosità ideologica e convenienza politica, getta il sale sopra quelle ferite!
Il Sud è stanco di questa narrazione offensiva e strumentale, contraria a ogni logica e ad ogni evidenza. Le assurdità tuttora sostenute da certa storiografia ‘servile’ vanno confutate e il frasario degli invasori coloniali va sostituito da quello non inquinato dalla propaganda. Lo dobbiamo alla nostra gente e ai protagonisti calunniati o dimenticati di quella eroica difesa.

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