Le immagini impresse nella memoria, come su una pellicola fotografica, emergono dal passato con tutta la potenza emotiva vissuta.
Le ultime immagini di vita registrate sulla retina sono state oggetto di interesse e di studio, conquistando l’attenzione cinematografica, mentre le prime, spesso, sono dimenticate. Il primo ricordo viene presto sommerso da nuove emozioni, continuando a vivere. D’altronde, i ricordi della presa di coscienza sono elaborati dopo i due anni e da quel momento si è travolti da esperienze da immagazzinare tra il sistema limbico e la corteccia, in bilico tra il conscio e l’inconscio. E così, il primo ricordo affiora da una memoria perduta, emerge come un’ombra dalla nebbia e prende colore.
Lost Memory: l’impronta della prima emozione è un progetto fotografico nato dieci anni fa, dall’interesse a far emergere nelle persone il primo ricordo della propria vita. Attraverso colloqui intimi, interagendo con persone altamente eterogenee per età e cultura, con personalità differenti e percorsi di vita disparati, ho raccolto la confidenza del loro primo ricordo. È proprio quello che viene ritratto, senza il condizionamento del soggetto, senza l’influenza, nel bene e nel male, della posa. Ogni ricordo è rivisto e rivisitato dalla macchina fotografica. Il ricordo è l’unico soggetto della fotografia, in modo da scattare il ritratto di un’emozione.
Alcuni ricordi risulteranno divertenti, taluni dolorosi, altri potranno risvegliare i nostri ricordi.
Alcuni ricordi mi sono stati negati per riserbo.
Spero, attraverso l’obiettivo della mia macchina fotografica, di essere riuscito a creare stimoli ed emozioni che abbiano il potere di far emergere la Lost Memory di ciascuno di voi.
A coloro che vogliano lasciare impressa l’impronta della prima emozione del loro primo ricordo attraverso la mia macchina fotografica ed entrare nel progetto Lost Memory, il progetto è in fase di espandimento, per cui si attendono i vostri ricordi da catturare in una foto.
L’AUTORE
Massimo Lama nasce a Napoli e ha viaggiato con la sua macchina fotografica quasi tutto il mondo, cercando colori ed emozioni da catturare in una foto. Quando posa la macchina fotografica, indossa il camice da medico ed è neurochirurgo in uno dei più prestigiosi ospedali della Campania.
Inizia a fotografare all’età di 14 anni, sviluppando nel tempo un linguaggio visivo personale, autonomo dal mestiere e dalla formazione tecnica.
Non è un architetto, ma un osservatore attento delle dinamiche urbane, sociali e culturali. Il suo sguardo si posa sui luoghi abitati, sui margini, sugli oggetti e sulle persone nei loro contesti quotidiani, con un’attenzione particolare rivolta alla città di Napoli, sua terra di origine.
Il suo approccio è narrativo e critico: cerca storie, non simmetrie; gesti e tensioni, non semplici composizioni. Ha sviluppato progetti come Napoli–New Orleans (VIP Factory, 2013), una riflessione visiva sulle connessioni tra le due città, e Martyrs (2015), un reportage sui martiri della guerra Iran-Iraq, pubblicato sulla rivista Il Fotografo.
Nel 2020 ha presentato La stagione perduta sulla rivista Arkeda, concentrata dul CoViD. Nel corso degli anni, le sue immagini sono apparse su riviste come Geo, Il Fotografo, Corriere del Mezzogiorno online, AD online e Arkeda con cui collabora stabilmente dal 2013 nella rubrica di fotografia. Ha contribuito con sue fotografie a numerose pubblicazioni editoriali, tra cui libri firmati da Diana Lama (Solo tra ragazze, La sirena sotto le alghe, L’anatomista) e Diego Lama (Storie di cemento, Cemento romano), oltre a volumi di saggistica giuridica (Scientology tra religione e sanzione di G. Carobene, I concordati flessibili).
La sua attività espositiva comprende una lunga serie di mostre collettive nazionali e internazionali, tra cui:
- Spalle al mare (La Feltrinelli, Napoli, 2004)
- The Creating Eye (Somma Vesuviana, 2010)
- Nettuno Fotofestival (2012, 2013)
- Urban Dotart Exhibition (Cracovia, 2013; Aeroporto di Trieste, 2015)
- L’altra Napoli: l’architettura abbandonata nell’area metropolitana (Palazzo delle Esposizioni, Napoli, 2017)
- Fotografare il MANN (Museo Archeologico Nazionale, Napoli, 2019)
- Capability Festival (Napoli, 2022)
Alcune sue opere sono in esposizione permanente presso l’Ospedale del Mare di Napoli.
Massimo Lama continua a esplorare il rapporto tra città, architettura e vita reale, utilizzando la fotografia come strumento critico e narrativo.
Attraverso i suoi scatti, cerca di restituire complessità agli spazi e ai corpi che li abitano, evitando l’estetizzazione fine a sé stessa, per privilegiare invece il racconto di ciò che accade – o rischia di passare inosservato – nelle pieghe della realtà.
Portfolio e contatti:
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