Home Controcorrente Insorgenza Legge o giustizia? Lecito o illecito?

Legge o giustizia? Lecito o illecito?

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Tra la fine dell’Ottocento ei primi decenni del Novecento, il Mediterraneo e le Americhe furono attraversati da una lunga stagione di conflitti sociali, rivolte popolari e trasformazioni profonde dei rapporti tra Stato e società. In quel contesto storico, termini come “Mano Nera”, mafia, camorra, anarchismo e terrorismo vennero spesso utilizzati in modo indistinto, finendo per sovrapporre fenomeni diversi e talvolta lontani tra loro. La storiografia più recente invita invece a distinguere, ricostruendo i processi sociali che portarono alla nascita di poteri paralleli nei vuoti lasciati dalle istituzioni statali.

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Il nome “Mano Nera” non indica infatti un’unica organizzazione criminale centralizzata, ma piuttosto un insieme di pratiche e simboli che compaiono in contesti diversi: dal Mezzogiorno d’Italia alle comunità di emigrati italiani negli Stati Uniti, dall’Andalusia spagnola fino alla Palestina sotto mandato britannico. In ciascuno di questi scenari, il termine viene utilizzato per descrivere forme di conflitto che emergono in situazioni di marginalità, repressione o assenza di rappresentanza politica.

Nel Mezzogiorno italiano postunitario, l’unificazione nazionale avvenne attraverso un forte accentramento amministrativo e fiscale che colpì duramente le economie locali. In Sicilia e in altre aree meridionali, il disagio sociale si esprime inizialmente attraverso movimenti di massa come i Fasci Siciliani dei Lavoratori, composti da contadini, minatori e artigiani che rivendicano diritti e riforme. La risposta dello Stato fu la repressione militare e lo scioglimento forzato di quelle organizzazioni. Secondo numerosi storici, è in questo passaggio che una parte del conflitto sociale, privata di sbocchi politici, ha iniziato a trasformarsi in forme di potere informale.

Figure come Vito Cascio Ferro vengono spesso citate come emblematiche di questa transizione: da ambienti legati alla protesta sociale e all’attivismo politico, alcuni individui finiscono per inserirsi in reti di controllo territoriale che, nel tempo, assunsero caratteristiche sempre più strutturate. Non si tratta di una continuità automatica tra rivendicazione sociale e criminalità, ma di una frattura storica: quando la politica popolare viene annientata senza riforme, il conflitto non scompare, anzi muta forma.

Un processo analogo si osserva nelle comunità di emigrati italiani negli Stati Uniti. All’inizio del Novecento, nelle grandi città americane, il termine “Mano Nera” venne usato per descrivere pratiche di estorsione basate su lettere minatorie firmate con simboli intimidatori. Anche in questo caso, la ricerca storica sottolinea che non esisteva un’unica organizzazione, bensì gruppi locali che prosperavano in contesti di povertà, discriminazione e scarsa tutela istituzionale. La narrativa pubblica dell’epoca contribuisce spesso a semplificare il fenomeno, trasformandolo in un’etichetta onnicomprensiva.

In Spagna, negli anni Ottanta dell’Ottocento, la cosiddetta “Mano Negra” venne indicata dalle autorità come responsabile di violenze attribuite al movimento anarchico contadino andaluso. Ancora oggi, molti storici ritengono che quel nome sia stato utilizzato come strumento repressivo per criminalizzare un conflitto sociale e giustificare arresti e condanne. Un meccanismo ricorrente nella storia: trasformare una questione sociale in problema di ordine pubblico.

Un significato ancora diverso assume la “Mano Nera” nella Palestina del Mandato britannico, dove il termine identifica un’organizzazione di resistenza armata contro il potere coloniale. In quel contesto, non si tratta di criminalità, ma di insorgenza politica. L’elemento comune non è l’ideologia, bensì la condizione storica: l’assenza di canali legittimi di rappresentanza.

Negli Stati Uniti, tra gli anni Venti e Trenta, la criminalità di origine italiana attraversò un’ulteriore trasformazione. Dopo una fase frammentata, emerge un modello più centralizzato, spesso associato una figura come Lucky Luciano, che promuove una maggiore cooperazione tra gruppi criminali e una gestione più “razionale” dei conflitti interni. Questo passaggio segnò la nascita della mafia moderna come organizzazione stabile, distinta dalle forme precedenti di estorsione episodica.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, documenti storici attestano contatti tra apparati di intelligence statunitensi e ambienti mafiosi, nell’ambito di operazioni finalizzate alla sicurezza dei porti e alla raccolta di informazioni. Episodi come la cosiddetta Operazione Underworld sono oggi oggetto di studi e dibattiti accademici, che ne analizzano il contesto senza ricorrere a letture complottistiche.

Nel dopoguerra italiano, le organizzazioni criminali seppero inserirsi nei processi di ricostruzione, sfruttando le fragilità economiche e sociali del Paese. In Campania, la camorra – già presente in forme diverse nell’Ottocento – continuò a muoversi in un rapporto ambiguo con lo Stato, talvolta in conflitto, talvolta in relazione con esso. Anche le tensioni tra gruppi criminali di origine regionale diversi negli Stati Uniti sono oggi lette dagli storici come il riflesso delle migrazioni e delle trasformazioni del crimine organizzato.

Nel loro insieme, questi fenomeni suggeriscono una chiave di lettura condivisa: le organizzazioni criminali non nascono nel vuoto, ma all’interno di specifiche condizioni storiche. Non sono la causa originaria del disagio sociale, bensì una delle sue conseguenze possibili. Ogni volta che un movimento popolare sconfitto viene senza che vengano costruiti diritti, rappresentanza e istituzioni inclusive, si apre uno spazio che può essere occupato da poteri informali.

La lezione che emerge da questa lunga storia mediterranea e transatlantica è dunque politica prima ancora che criminale. La vera alternativa non sta né nella mitizzazione della ribellione armata né nell’accettazione dell’ordine illegale, ma nella costruzione di giustizia sociale, autonomia economica e rappresentanza culturale. Dove questi elementi esistono, la violenza perde legittimità e la legge smette di apparire come strumento di dominio, diventando invece un diritto condiviso e riconosciuto.

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