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Tutti i peccati del mondo in una sola azione. Silenzio, Rabbia e soprattutto impotenza…un ricordo per Giulia!

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Silenzio. Un silenzio che fa male, che graffia l’anima. Un silenzio che, purtroppo, conosciamo fin troppo bene. Un silenzio che segue ogni femminicidio, ogni violenza, ogni tragedia che si abbatte su chi dovrebbe essere amata, protetta, sostenuta, e invece viene tradita, abbandonata, uccisa. Silenzio, rabbia, ma soprattutto un senso di impotenza che, in queste ore, ci divora dentro. Quel pensiero che ritorna come un’eco straziante: “Se solo fossi stato lì. Se solo avessi potuto fare qualcosa…”. E invece no. Nessuno c’era. Lei era sola. Sola con la sua paura. Sola con due vite da custodire, la sua e quella di sua figlia ancora nel grembo. Sola di fronte a chi, per paradosso crudele, era proprio colui che avrebbe dovuto proteggerle. Colui che le aveva dato la possibilità di diventare madre. Colui che, in un istante di cieca violenza, ha spezzato tutto: la carne, i sogni, il futuro. Un gesto solo, una mano sola, e insieme tutti i peccati del mondo sono crollati addosso a una giovane donna che portava la vita dentro di sé. Non è solo cronaca. È un fallimento collettivo. È la sintesi dolorosa di tutto ciò che non funziona nella nostra società. È il riflesso di un’umanità che ha smarrito se stessa, che ha smesso di custodire ciò che ha di più sacro: la vita. E quella vita che cresce dentro un corpo di donna, che si alimenta di amore, di futuro, di speranza, è l’immagine più pura, più luminosa, più vera che l’umanità abbia mai conosciuto. È l’essenza stessa del nostro essere umani.

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Eppure oggi, sempre più spesso, quell’immagine viene profanata. O peggio, ignorata. Quante donne sognano di diventare madri? Quante lottano ogni giorno per dare la vita e per proteggerla? E quante, invece, vengono private di questo diritto da chi dovrebbe star loro accanto? La donna incinta non è solo un corpo, è un simbolo universale di continuità, di tenerezza, di generosità assoluta. È la rappresentazione stessa della speranza. È la madre del domani. Ma nel nostro tempo, sempre più disumanizzato, questa immagine si scontra con una realtà brutale. Una realtà in cui l’indifferenza regna sovrana, in cui l’amore si spegne nei tribunali, nei social, nelle case. Una realtà in cui la freddezza ha preso il posto del calore, in cui i sentimenti sono optional, e la vita, spesso, vale meno di un like. In questa società che sogna la perfezione sterile dell’intelligenza artificiale, che rincorre la produttività, l’efficienza, l’immortalità digitale, la fragilità di una madre è diventata un peso. Un ostacolo. Un bersaglio. Ecco perché questa tragedia non è solo una notizia nera. È lo specchio del nostro tempo. È la scena di una donna sacra, incinta, che si ritrova senza difese di fronte a un uomo svuotato di sentimenti, a un automa impazzito, programmato solo per distruggere. È la scena di un’umanità che si piega, che arretra, che abdica al proprio compito più importante: proteggere la vita, sempre.

In questa vicenda c’è la disperazione di chi non c’è più, ma anche il fallimento di chi resta. Il fallimento di istituzioni che non prevengono. Il fallimento di una cultura che minimizza, giustifica, normalizza la violenza. Il fallimento di una società che ancora oggi ha bisogno di scioperi, manifestazioni, panchine rosse per dire che no, non è normale che una donna venga uccisa per amore.

E allora torniamo lì, al punto di partenza: silenzio, rabbia, impotenza. Ma non può finire così. Perché l’unico modo per onorare questa vita spezzata – queste due vite – è rompere quel silenzio. È trasformare la rabbia in impegno. È riscoprire il valore sacro della maternità, della cura, della relazione. È tornare a essere umani in un mondo che troppo spesso ci chiede di essere altro: più freddi, più distaccati, più calcolatori.

Dobbiamo rimettere la vita al centro. Dobbiamo proteggere chi la porta dentro sé. Dobbiamo urlare forte che ogni donna è un mondo, un universo, una promessa. E che ogni volta che una di loro viene uccisa, non perdiamo solo una persona. Perdiamo tutti un pezzo di futuro. Un pezzo di noi.

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