Home Cultura 'A Lengua Napulitana Il senso del Napoletano tra fiction, romanzi e Parthenope

Il senso del Napoletano tra fiction, romanzi e Parthenope

La commercializzazione della cultura napoletana farà bene a Napoli ed al Sud?

Il Seggio del Popolo - Locanda

Rubrica del prof. Massimiliano Verde (P’ ‘a lengua napulitana ‘a lengua nosta)

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Negli ultimi tempi si sprecano fictions, produzioni ed opere cinematografiche e libresche realizzate o girate a Napoli in ciò che appare un “recuperato”  interesse verso la trimillenaria città della Sirena Parthenope. Luci, applausi, consensi verso queste realizzazioni ‘”artistiche” dove Napoli sembrerebbe soggetto presente con le sue stereotipate contraddizioni, bellezze e maledizioni, secondo la più che secolare accezione italica del “paradiso abitato da diavoli” ripresa da Benedetto Croce sulla scorta di toscaneggianti ed interessati improperi ed incapacità – per limiti propri- di certi ambienti toscani di tipo mercatale del tardo Medioevo scagliati sulla città del golfo più bello del mondo e i suoi abitanti.

Napoli e il “Sud” ritornano sul proscenio tra riproduzioni-produzioni criminaleggianti e “femministeggianti” da un lato e rassicuranti cliché e allusioni ed ammiccamenti…noir dall’altro.

Napoli, palcoscenico e commercializzazione.

Verrebbe da chiedersi perché queste fictions abbiano tanto successo presso il  grande pubblico. Ma soprattutto queste produzioni artistiche cosa propongono? C’è da domandarsi infatti cosa ci sia alla base di cotanto audience. Innanzitutto come bene si è detto, “Napoli vende…bene“: è infatti il palcoscenico naturale come diceva il grande Eduardo in cui esibirsi e qualche volta anche disinibirsi….in performances abbastanza risibili o preoccupanti che fanno molto riflettere chi abbia qualche strumento di conoscenza di tecniche pubblicitarie o di comunicazione. Se da un lato ad esempio il vecchio sceneggiato, lo stile telenovela, il rotocalco amoroso od il romanzo noire o la cinematografia relativa al “crime fiction” hanno sempre fatto leva sugli istinti e sensazioni più immediate e naturali di ognuno di noi, ancor più quando accuratamente stimolati….occorrerebbe analizzare la forma che queste performances prendono ed il modo in cui sono calate nella realtà napoletana, “realtà” che quando raccontata sembra non sfuggire ancora oggi a schemi ed archetipi che seguono modelli propri di certa scuola positivista italiana, quanto al profilo del “#meridionale”, nello specifico.

In questo senso allora, il grande e naturale palcoscenico del golfo più famoso del mondo, il cosiddetto “paradiso abitato da diavoli” o da rassicuranti e simpatici indigeni…(secondo lo scontatissimo mito del buon selvaggio) assume agli occhi di chi guarda con asetticità, un aspetto molto singolare. Si vende indi il prodotto commerciale “Napoli”, facendo leva, sulla complessità della stessa per stimolare, estremizzandole, attraverso una semplificazione di fatti ed atti, al limite (a volte anche superato) dell’oleografia, quelle primitive sensazioni ed umane emozioni ben conosciute e su cui lavorano marketing-maker, pubblicitari e “tecnici” della comunicazione, attraverso il filtro di quella narrazione positivista od indigenista sovente non scevra da aspetti e richiami metapsichici che percorre la letteratura meridionale e sul Meridione da fine Ottocento ai giorni nostri.

Ecco quindi prendere forma, a detta di certi intellettuali locali quei “delitti di natura passionale“, o quello “spiccato profilo criminale” indice di una più “fragile identità rispetto al Nord Italia”, da parte di un Mezzogiorno “afflitto da secolari, e quindi atavici problemi”, in cui la “gente di Napoli e del Sud” si riconoscerebbe, connotazioni che sarebbero propri del #napoletano o del meridionale tout court secondo certa letteratura italiana che ha infuso di sé abbondantemente il sistema dei mass-media, culturale e dell’istruzione italiani. Molto spesso per fini che hanno avuto ed hanno precisi intenti politici oltreché ideologici, connessi alla struttura economica del nostro Paese, con conseguenze rassicuranti, per il pubblico settentrionale da un lato – conferma di strutture e stereotipi che non mettono in discussione ma rinsaldano il proprio ruolo socio-culturale nel contesto italiano – di “ristoro”, per quello meridionale (il buonismo conservatore di certi personaggi televisivi napoletani, quasi come una boccata d’aria successiva all’ossessiva e sponsorizzata criminalizzazione di Parthenope, secondo modelli di gangherismo, proiettati e diffusi come socialmente e valorialmente vincente alle nuove generazioni) (…)

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