Home Controcorrente “Zio Nardo”: un racconto breve…’mente identitario’!

“Zio Nardo”: un racconto breve…’mente identitario’!

Il Seggio del Popolo - Locanda

di Fernando Luisi

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Ogni volta che andavo alla “Massaria”, una passeggiata lungo il lago con mia madre era d’obbligo. Ci andavo volentieri per ascoltare da mamma le storie della sua famiglia. Quell’”occhio di mare”, come lei chiamava il lago, gli faceva paura. “Ce stanne ‘e revote e non riesci a stare a galla come al mare. Tuo nonno non ci ha mai voluto portare”, mi ripeteva ad ogni mia puntuale richiesta di fare un bagno. Il lago di Telese si trova nella valle del fiume Calore in provincia di Benevento.

Il bacino lacustre, formatosi a seguito del terremoto del 1349, e’di origine carsica e ha una forma circolare. Ha un perimetro di circa 1 km, profondo tra i 20 e i 30 metri, con una superficie di circa 49.000 metri quadrati. La caratteristica di essere profondo, già presso la riva, e gli annegamenti costrinsero le autorità locali ad interdire la balneazione.

“E ricordati che questo lago non ha fondo, forse porta direttamente all’Inferno, perciò non voglio che ti bagni”, ripeteva mamma fino alla noia. Le storie sulla formazione di questo bacino lacustre avevano creato nella gente del luogo parecchi miti e leggende. Nell’anno 1349 ci furono numerosi e importanti eventi sismici lungo l’appennino centro-meridionale.

Secondo una memoria conservata nell’abbazia di Montecassino un evento sismico colpì duramente l’intero Regno di Napoli. A Telese le ripetute scosse sconvolsero il suolo favorendo la nascita di mofete e l’emanazione di vapori solfurei che resero l’aria irrespirabile e causarono l’abbandono della cittadina. Ma le paure di mia madre non attecchivano su di me e la voglia di tuffarmi in quel lago cresceva sempre di più. Come potevo immergermi nel lago, senza che mia madre lo sapesse? Per fortuna c’era zio Totò, il fratello di mamma, con il quale ho fatto tante esperienze che i miei genitori, pace all’anima loro, mi negavano.  E fu con lui che feci l’unico bagno nel lago di Telese. Grazie zio per tutte quelle cose che mi hai fatto scoprire, ma grazie anche a mamma e babbo per tutto quell’amore che mi avete donato!

Durante le passeggiate con mamma amavo ascoltare le storie della sua famiglia e, tra le tante, mi colpì quella di zio Nardo.

Leonardo era l’ultimo figlio di Arcangelo e Consiglia, i miei due bisnonni materni. Era nato nel 1915, l’anno della “Grande e Stupida Guerra” e, all’inizio del “Secondo e stupidissimo confitto mondiale” aveva 25 anni. “Aveva una bellissima voce, Narduccio, e quando ci riunivamo nell’aia davanti alla Massaria ci deliziava con le canzoni dell’epoca. La sua voce era come quella di Luciano Taioli”, raccontava mia madre, mentre qualche lacrima illuminava il suo volto. Zio Nardo era in attesa di un provino all’EIAR per le sue qualità canore e non voleva partire per la guerra. In particolar modo, quando il 22 giugno 1941 scoppiò il conflitto sul fronte orientale, non voleva andare in Russia.

“Tata, sono disposto a perdere tutti i beni e l’eredità che mi spetta, fai in modo che possa restare qua, non voglio partire!”, implorava Narduccio al padre. A casa di Arcangelo e Consiglia tutti i figli chiamavano il padre Tata, termine che deriva dalla parola osca Tàte, utilizzata nel passato nelle terre del Sannio. Il vecchio Arcangelo cercò in mille modi di evitare la guerra al suo giovane figlio, ma tutto fu vano. Leonardo partì come tanti giovani per la Russia e non tornò più. Quando mia madre mi raccontava queste storie nulla si sapeva di zio Nardo e, quindi, il suo status era quello di disperso.

Poi gli anni passarono e questa storia rimase nell’oblio, fino al nostro trasferimento in Friuli. Un giorno i miei genitori tornavano da Cargnacco, dove c’è un tempio per ricordare i caduti e i dispersi di quella tragica campagna. “Zio Nardo è morto”, mi disse la mamma. “Ho letto il suo nome nel registro del tempio, ma i suoi resti mortali non sono lì ma in Russia”. Ma i racconti di mia madre sullo zio Nardo, il suo amore per la vita, per il canto e per la musica, non riuscivano a capacitarmi che fosse morto, perdendo la vita per quel gioco folle, brutale e inutile dell’essere umano.

Zio Nardo non poteva essere uno di quei centomila poveri soldati morti nella campagna di Russia. Caro zio Nardo non ti ho mai conosciuto e preferisco immaginarti ancora lì in Russia, morto sì ma di vecchiaia, con figli e nipoti, sfuggito alla morte su un campo di battaglia. Non m’importa se hai poi cantato Ochi Chernye al suono delle balalaike con la tua nuova famiglia. Sono sicuro che, accompagnato da un mandolino, hai spesso intonato qualche nostra canzone napoletana. Caro zio ti voglio bene perché, con “’O sole mio”, portasti il calore e l’amore della nostra nazione napulitana là, nell’accogliente e bella terra di Russia!

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