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Il pensiero di Gramsci sull’Unità

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IL MEZZOGIORNO DOPO L’UNITÀ. Rubrica a cura di Enrico Fagnano

Cosa abbia rappresentato secondo Gramsci l’Unità per il Mezzogiorno è assai chiaro. Ecco a questo proposito cosa si legge a pagina 73 de ‘La Questione Meridionale’ (Editori Riuniti, 1972): ‘La borghesia settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento.’

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Il grande storico sardo si esprime più volte in termini analoghi e lo fa anche nei ‘Quaderni del Carcere’ (Einaudi, 1948-51, e poi edizione critica a cura di Valentino Gerratana, Einaudi, 1975), nel decimo dei quali ribadisce il suo pensiero, allargando il discorso anche alle calunnie assai diffuse nella pubblicistica dell’epoca nei confronti dei Meridionali, avvalorate addirittura da ridicole teorie pseudoscientifiche.

Ecco Gramsci cosa scrive: ‘Un altro elemento per saggiare la portata reale della politica unitaria ossessionata di Crispi è il complesso di sentimenti creatosi nel Settentrione riguardo al Mezzogiorno. La ‘miseria’ del Mezzogiorno era ‘inspiegabile’ storicamente per le masse popolari del Nord; esse non capivano che l’unità non era avvenuta su una base di eguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno, cioè che il Nord concretamente era una ‘piovra’ che si arricchiva alle spese del Sud e che il suo incremento economico-industriale era in rapporto diretto con l’impoverimento dell’economia e dell’agricoltura meridionale. Il popolano dell’Alta Italia pensava invece che, se il Mezzogiorno non progrediva dopo essere stato liberato dalle pastoie che allo sviluppo moderno opponeva il regime borbonico, ciò significava che le cause della miseria non erano esterne, da ricercarsi nelle condizioni economiche-politiche obiettive, ma interne, innate nella popolazione meridionale, tanto più che era radicata la persuasione della grande ricchezza naturale del terreno: non rimaneva che una spiegazione, l’incapacità organica degli uomini, la loro barbarie, la loro inferiorità biologica. 

Queste opinioni già diffuse (il lazzaronismo napoletano era una leggenda di vecchia data) furono consolidate e addirittura teorizzate dai sociologhi del positivismo (Niceforo, Sergi, Ferri, Orano, ecc.), assumendo la forza di ‘verità scientifiche’ in un tempo di superstizione della scienza. Si ebbe così una polemica Nord-Sud sulle razze e sulla superiorità e inferiorità del Nord e del Sud (confrontare i libri di Napoleone Colajanni in difesa del Mezzogiorno da questo punto di vista e la collezione della ‘Rivista popolare’). Intanto rimase nel Nord la credenza che il Mezzogiorno fosse una ‘palla di piombo’ per l’Italia, la persuasione che più grandi progressi la civiltà industriale moderna dell’Alta Italia avrebbe fatto senza questa ‘palla di piombo’. 

Nei principi del secolo si inizia una forte reazione meridionale anche su questo terreno. Nel Congresso Sardo del 1911, tenuto sotto la presidenza del generale Rugin, si calcola quante centinaia di milioni siano stati estorti alla Sardegna nei primi 50 anni di Stato unitario, a favore del Continente. Bisogna ricordare anche le campagne di Salvemini, culminate nella fondazione dell’Unità, ma condotte già nella ‘Voce’ (in particolare il numero unico della ‘Voce’ sulla ‘Questione meridionale’).

In questo inizio di secolo si realizza anche un certo ‘blocco intellettuale’, ‘pan-italiano’, con a capo Benedetto Croce e Giustino Fortunato, che cerca di imporre la questione meridionale come problema nazionale capace di rinnovare la vita politica e parlamentare… Il movimento si sviluppa fino al suo ‘maximum’, che è anche il suo punto di dissoluzione: questo punto è da identificare nella particolare presa di posizione di Gobetti e nelle sue iniziative culturali. La polemica di Giovanni Ansaldo contro Guido Dorso è il documento più espressivo di tale punto d’approdo e di risoluzione, anche per la comicità che ormai appare evidente negli atteggiamenti gladiatori e d’intimidazione dell’unitarismo ossessionato.’

Questo è il pensiero di Gramsci sull’Unità, espresso, come sempre, in maniera estremamente lucida. Vale solo la pena di notare come il grande storico, quando parla della sua Sardegna, trovi naturale ricomprenderla tra i territori meridionali, ovvero tra i territori sfruttati dal nuovo potere nell’interesse dell’industria e dell’economia settentrionale.

Per concludere ricorderei che Gramsci cita un libro di Napoleone Colajanni, ma non ne riporta il titolo. Si tratta di ‘Settentrionali e Meridionali’, nel quale l’autore siciliano controbatte agli stereotipi e ai luoghi comuni dell’epoca contro i Meridionali. Altro libro analogo, e altrettanto efficace, è quello di Ettore Ciccotti ‘Mezzogiorno e Settentrione’, dal quale abbiamo tratto alcuni passi nelle nostre precedenti puntate.

Trentacinquesima puntata. I libri di Enrico Fagnano IL SUD DOPO L’UNITÀ e IL PIEMONTESISMO E LA BUROCRAZIA IN ITALIA DOPO L’UNITÀ sono disponibili sul sito Bottega2Sicilie

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