Con i nuovi dazi annunciati dagli Stati Uniti sull’export agroalimentare europeo, l’incertezza si abbatte anche sul comparto vitivinicolo italiano. Ma chi rischia davvero? E quali scenari si apriranno per i produttori del Sud? A rispondere è Nicola Caputo , alla guida di Enodelta, storica cantina campana da decenni attiva anche sui mercati esteri: «Il dazio impatta soprattutto sulla fascia medio-bassa di mercato. I vini entry-level, che prima arrivavano negli USA a 10 dollari, ora rischiano di costare 15. Per molti distributori americani non conviene più. Ma il segmento alto può reggere: chi compra un vino da 40-50 dollari non si ferma per un aumento del 20%.»
Caputo racconta di aver parlato proprio in fiera con uno dei principali importatori americani, di origini napoletane, che ha confermato la preoccupazione: «I ricchi continueranno a bere italiano. Ma perdiamo competitività nei supermercati, nei locali di fascia media. Il rischio è grosso.» Per Enodelta, però, la sfida è anche un’opportunità: aprirsi a nuovi mercati. «Stiamo già puntando sul Medio Oriente e su altri Paesi emergenti. È un lavoro lungo: lì la cultura del vino non è ancora radicata. Ma ci stiamo andando con l’orgoglio di portare vini autentici, solo da uve locali, che raccontano il nostro territorio.»
L’azienda fa parte di numerosi consorzi – Vesuvio, Irpinia, Sannio, Vitica – e rappresenta l’intera Campania in bottiglia. E se l’America chiude, Enodelta apre nuovi orizzonti.
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