Di Nicola Picardo
Nel cuore di Napoli, tra i vicoli che raccontano secoli di storia e fede popolare, sorge la Chiesa di San Nicola a Pistasi, un piccolo gioiello architettonico che custodisce la memoria di un intero quartiere. Un luogo che, come molti altri nel centro antico, ha subito trasformazioni, demolizioni e ricostruzioni, ma ha saputo mantenere viva la propria identità.
L’edificio attuale fu completato all’inizio del XVIII secolo su progetto di Giovan Battista Manni. In quegli stessi anni, l’architetto Sanfelice contribuiva alla sistemazione dell’altare maggiore e della scala per il coro, arricchendo la chiesa con elementi decorativi che ne impreziosiscono ancora oggi l’atmosfera sacra. Ulteriori interventi si devono a Niccolò Carletti, che nel 1755 ne curò importanti trasformazioni.
Ma è il nome stesso, “Pistaso”, a raccontare una storia più antica. Deriva da una cappella che un tempo sorgeva lungo l’attuale vico Pistasi, probabilmente legata a mulini per la macinazione del grano: secondo alcune fonti, il termine risalirebbe infatti al latino pistor, ovvero “mugnaio”. Un’etimologia che lega il luogo al lavoro quotidiano e alla vita popolare della Napoli preindustriale.
Con la costruzione del monastero del Divino Amore, la primitiva cappella venne abbattuta. Le suore dell’ordine, però, acquistarono le abitazioni di fronte al convento per ricostruire lì la chiesa di San Nicola, in parte sull’antico “seggio” di Pistasi, restituendo così un’anima religiosa a quella zona del quartiere.
Nel 1821, la chiesa — ormai “estaurita”, ossia non più in uso regolare — venne trasferita, in “utile dominio”, all’Arciconfraternita di San Michele Arcangelo a Pistasi. A gestirla furono le famiglie nobili del luogo, legate al censo dei sediari e dei facchini, corporazioni fondamentali nella vita sociale ed economica della città.
Oggi, tra candelabri antichi e tracce di affreschi dimenticati, la Chiesa di San Nicola a Pistasi continua a raccontare una Napoli fatta di fede, lavoro e resilienza, un patrimonio di memoria urbana che chiede solo di essere riscoperto e valorizzato.