L’Autorità per le Comunicazioni ha recentemente sanzionato il programma radiofonico “La Zanzara” di Radio 24 con una multa da 150mila euro, per dichiarazioni di Vittorio Feltri considerate idonee a “propagandare o istigare all’odio e alla discriminazione” nei confronti della comunità musulmana. Una decisione giusta e necessaria, ma che solleva interrogativi profondi sulla coerenza con cui si combatte l’hate speech nel nostro Paese. Infatti, quando gli attacchi sono rivolti ai napoletani, non sembrano esserci le stesse tutele. È il caso emblematico ricordato da Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico, che tempo fa denunciò proprio “La Zanzara” e Giuseppe Cruciani per frasi gravissime: «Ironizzavano sul cognome di un ragazzino napoletano ucciso per sbaglio dalla polizia e parlavano della necessità, a Napoli, ‘del napalm’», racconta De Crescenzo. L’Ordine dei Giornalisti, però, archiviò la vicenda definendo quelle espressioni “forti”, ma coperte dalla “libertà di espressione”.
Oggi arriva la condanna per le offese ai musulmani, e De Crescenzo commenta amaramente: «Quindi in Italia si può incitare all’odio contro i napoletani (più volte anche alla Zanzara) ma non contro qualsiasi altra ‘comunità’. E lo schema è valido anche per altre trasmissioni, per gli stadi, per i giornali, per i libri e per tanti altri contesti. Solo in Italia esiste, da 160 anni, il ‘razzismo nel razzismo‘».
Le parole del presidente neoborbonico evidenziano un problema sistemico: la narrazione pubblica su Napoli e sul Sud continua troppo spesso a essere pervasa da stereotipi, insulti e discriminazioni che vengono tollerate in nome della satira o della libertà di parola. Ma fino a quando si potrà parlare di libertà, quando questa viene esercitata sistematicamente a danno di una parte del Paese? Il rispetto per la dignità umana e territoriale non può essere selettivo. Se un discorso d’odio è tale contro una comunità, lo è anche contro un popolo, una città, una cultura. E allora forse serve un’azione più coerente, capace di riconoscere che anche i napoletani sono vittime di un razzismo diffuso e tollerato, radicato nelle viscere di un’Italia che, troppo spesso, fatica a guardarsi allo specchio.
È tempo di dire basta. E di chiedere giustizia anche per Napoli.