di Alessandro Casillo
In Italia, la comunicazione nazionale tende spesso a polarizzare il racconto delle “diversità”, mettendo in luce dinamiche sociali e criticità che, a un’analisi più attenta, si rivelano trasversali all’intero territorio. Napoli, in particolare, sembra essere il bersaglio preferenziale di una narrazione che la dipinge come epicentro di ogni problematica, quasi che le sue vicende non trovassero riscontro altrove. Eppure, scavando sotto la superficie, emergono realtà scomode anche in quelle regioni che si fregiano del titolo di “culle della civiltà” e dell’educazione.
Il Sud, e Napoli in testa, viene sovente associato nell’immaginario collettivo a disordine, illegalità e malcostume. La cronaca nazionale, nel suo costante bombardamento mediatico, amplifica episodi di criminalità, abusivismo o degrado urbano, trasformandoli in archetipi di una presunta inefficienza endemica. Si crea così una distorsione percettiva: ciò che accade a Napoli, o in altre città del Meridione, assume una risonanza sproporzionata, diventando simbolo di un intero sistema.
Ma cosa succede quando lo sguardo si sposta altrove, in quelle regioni che, magari, vantano un’immagine di maggiore correttezza e legalità? L’esempio di Prato, in Toscana, è emblematico. Recentemente, un’operazione interforze ha portato alla sospensione dell’attività di cinque aziende, con sanzioni elevate per 160mila euro. La scoperta è agghiacciante: 29 lavoratori impiegati senza regolare contratto e 12 senza permesso di soggiorno, portando alla denuncia di 5 titolari. Non solo, in tutte le aziende sono state riscontrate violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, gestione dei rifiuti e antincendio, oltre a carenti condizioni igienico-sanitarie. Dati della Prefettura rivelano che dall’inizio dell’anno, a Prato, sono state ben 16 le attività sospese, per circa mezzo milione di euro di sanzioni.
Questo episodio, tutt’altro che isolato, solleva interrogativi cruciali sulla narrazione dominante. Come mai, a fronte di tali violazioni in una regione che si presenta come baluardo di cultura e civiltà, l’attenzione mediatica nazionale non assume la stessa enfasi, la stessa indignazione che riserviamo a Napoli o al Sud? La risposta risiede forse nella doppia lente con cui vengono osservati i fenomeni. Le criticità del Sud vengono spesso generalizzate, diventando “strutturali”; quelle del Nord, quando emergono, sono più facilmente relegate a “casi isolati” o “mele marce” che non intaccano l’integrità del sistema.
Questo non significa voler negare le problematiche esistenti in ogni parte d’Italia, bensì invitare a una riflessione più profonda sulla responsabilità dei mezzi di comunicazione nel modellare la percezione pubblica. Se il “malcostume” ha sempre l’accento di una certa regione, si rischia di perpetuare stereotipi dannosi, alimentando divisioni e impedendo una visione più onesta e completa delle sfide che, in forme diverse, attraversano l’intera nazione. È tempo di superare la retorica del “Nord virtuoso contro Sud problematico” e riconoscere che, dietro la facciata, le complessità e le ombre si annidano ovunque. Solo così potremo affrontare i problemi reali, senza pregiudizi e con la consapevolezza che la “civiltà” e l'”educazione” sono valori da costruire e difendere ogni giorno, in ogni angolo d’Italia.