Quando il governo di un Paese spesso sceglie il silenzio, sono le comunità locali a sollevarsi e a prendere posizione. Mentre il governo centrale resta immobile, sono i cittadini, le associazioni, i Comuni e le Regioni a dare voce ai popoli oppressi. È questo il cuore del messaggio lanciato da Antonio Liberti, presidente della Casa del Popolo, che rompe il muro dell’indifferenza con una dichiarazione forte: «Il mio domicilio morale è a Gaza».
Un’affermazione simbolica quanto concreta, che arriva in un momento drammatico per il popolo palestinese. «La storia – afferma Liberti – non aspetta i timidi. Ci chiede da che parte vogliamo stare. Io scelgo di stare dalla parte della dignità, della resistenza, dei diritti».
L’appello lanciato da Liberti si fa carico di una proposta chiara: sono le Regioni a poter avviare un disegno di legge per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Una possibilità concreta prevista dall’ordinamento italiano, che richiede l’iniziativa di almeno cinque Consigli Regionali per presentare una proposta di legge nazionale. «Se il governo non ha il coraggio di farlo – incalza Liberti – allora siano le Regioni a farsi carico di questa responsabilità storica». Nel frattempo, sono numerose le realtà locali che si stanno muovendo: Portici, Torre del Greco e altri Comuni vesuviani stanno votando ordini del giorno per la pace e per il riconoscimento della Palestina. Alcune amministrazioni hanno già sospeso rapporti istituzionali con enti legati allo Stato di Israele.
«Il riconoscimento dello Stato palestinese – spiega Liberti – non è un gesto simbolico, ma un atto politico e umano. Serve a dire con chiarezza che non possiamo più accettare l’occupazione, il bombardamento sistematico, la cancellazione di un popolo».
Per Liberti, la solidarietà della Campania ha una radice profonda. «Noi meridionali – ricorda – sappiamo bene cosa significa essere trattati come invisibili, come inferiori, come sacrificabili. Abbiamo conosciuto l’invasione, la fame, l’emigrazione. È per questo che non possiamo voltare lo sguardo altrove». Il suo è un appello al coraggio, all’azione collettiva, alla responsabilità storica: «Chi oggi ha coscienza non può più restare in silenzio. Ogni comunità che si schiera è una luce accesa contro il buio della guerra e del genocidio».