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Napoli ripudia la guerra: mobilitazione contro il summit NATO del 26-27 maggio

BCC

Di Nicola Picardo

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“Via i signori della guerra da Napoli. Jatevenne!” È questo il grido che si leva dalle strade della città partenopea in vista del summit NATO del 26-27 maggio, un incontro che ha suscitato forti polemiche e mobilitazioni da parte di associazioni e movimenti cittadini.

L’assemblea cittadina del 6 maggio ha lanciato un appello: costruire una grande mobilitazione per il 26 maggio, giorno di apertura dei lavori del summit per la sicurezza del Mediterraneo. La scelta stessa di un vertice sulla sicurezza, a cui parteciperanno delegazioni di paesi come Libia e Israele, appare un paradosso agli occhi di molti. “Quale sicurezza garantiscono i massacri a Gaza o i lager libici?”, si chiedono i manifestanti, sottolineando come il summit stesso sia l’ennesima manifestazione di un sistema che utilizza il concetto di “sicurezza” per giustificare politiche di guerra e militarizzazione.

La militarizzazione al centro del dibattito

L’indignazione cresce soprattutto in un momento in cui il Governo italiano e l’Unione Europea aumentano la spesa bellica fino al 5% del PIL, come richiesto dagli Stati Uniti. Miliardi di euro destinati all’industria bellica, con il rischio concreto di una riconversione militare anche dell’automotive. Nel mirino delle critiche, anche l’ultima manovra di sicurezza, definita “liberticida e da stato di polizia”, che riduce il diritto di sciopero e limita le libertà civili.

In un paese in cui le disuguaglianze sociali aumentano, dove sempre più persone vivono una condizione di precarietà, la scelta di investire ulteriormente nell’industria delle armi sembra una provocazione. Napoli si prepara quindi a dire no al riarmo, alla guerra e alla narrativa bellicista che, come dichiarano i promotori della protesta, cerca di far passare l’idea che la guerra sia inevitabile e necessaria.

Solidarietà con il popolo palestinese

La protesta di Napoli non si limita al no alla NATO: è anche una presa di posizione netta contro il genocidio del popolo palestinese, sostenuto economicamente dalle aziende belliche che traggono profitto dalle guerre. Le stesse aziende che dirottano la ricerca pubblica verso fini militari, lucrando sul sangue e sul dolore dei popoli colonizzati.

Napoli, città di resistenza e solidarietà, non intende piegarsi a una visione del mondo fondata sulla violenza e sulla sopraffazione. “La guerra non è una fatalità, ma la conseguenza di un sistema economico inumano”, affermano i promotori della manifestazione. Per questo motivo, scenderanno in piazza per chiedere disarmo, giustizia sociale, rispetto per l’ambiente e autodeterminazione per il popolo palestinese.

Una risposta di popolo

La mobilitazione si pone anche come denuncia di un sistema che, pur promettendo sicurezza, toglie ai cittadini dignità e futuro. I manifestanti si oppongono fermamente all’aumento delle spese militari e chiedono che queste risorse vengano destinate a sanità, istruzione, ambiente e diritti sociali.

Il movimento napoletano vuole mostrare al mondo che la città non accetta di diventare il palcoscenico delle politiche guerrafondaie. Napoli ripudia la guerra e scende in piazza per costruire un futuro fondato sulla pace, sulla giustizia e sulla fratellanza tra i popoli.

L’appuntamento è per il 26 maggio: la città si prepara a far sentire la propria voce, schierandosi dalla parte della pace e contro ogni forma di militarismo.

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