Gaeta è uno di quei luoghi in cui la storia, la fede e il destino sembrano intrecciarsi in modo irripetibile. Qui Papa Pio IX trascorse nove mesi, nove giorni e nove ore, un periodo che la memoria collettiva ha trasformato in simbolo e meditazione. Molti ritengono che proprio in questo litorale, tra il silenzio della Cappella d’Oro dell’Annunziata e la vicinanza spirituale del popolo meridionale, sia maturata nel cuore del Pontefice la decisione definitiva di proclamare il dogma dell’Immacolata Concezione.
La devozione mariana del Regno delle Due Sicilie era infatti tra le più forti d’Europa: radicata nel clero, nella popolazione e nelle istituzioni. L’Immacolata era considerata la Patrona principale del Regno e dei suoi eserciti, invocata dai sovrani e venerata nelle feste del popolo. Quando Pio IX trovò rifugio presso Ferdinando II nel 1848, accolto dall’ospitalità reale e da un clima di sincera religiosità, la città di Gaeta si trasformò in un grande abbraccio mariano.
Le cronache raccontano una partecipazione popolare imponente: le porte della Cattedrale schiudendosi davanti a masse accorse dai paesi circostanti, i soldati in ordine di battaglia che accompagnavano le celebrazioni, le bande musicali che riempivano le strade di melodie solenni. Non potendo contenere tutti i fedeli, le vie della città diventavano esse stesse un tempio, dove la folla vibrava di una fede semplice e ardente. In un’atmosfera rigida e caliginosa, il calore del cuore napoletano rendeva ogni giorno una festa di popolo e devozione.
Dal balcone del suo alloggio, Pio IX osservava quei momenti carichi di emozione religiosa. E proprio lì, secondo alcune testimonianze, sarebbe avvenuto un episodio misterioso: una “visione celeste” che molti narrano come decisiva nel cammino spirituale del Papa verso la proclamazione del dogma. È un racconto che sfuma nella leggenda ma che restituisce bene il clima di intensa spiritualità che caratterizzò quei giorni gaetani.
Il ruolo del Sud in questa vicenda fu tutt’altro che marginale. Cardinali, vescovi, teologi e semplici fedeli delle Due Sicilie inviarono lettere e pareri, sostenendo con forza l’idea della definizione dogmatica. Il Regno offrì non solo rifugio materiale al Pontefice, ma anche un ambiente culturale e religioso che alimentò una riflessione profonda. Quando l’8 dicembre 1854 venne proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione, molti videro in quel gesto il compimento di un cammino iniziato proprio sulle coste meridionali.
Per chi crede nella storia e nell’identità napoletana, l’Immacolata è ancora oggi una festa nazionale dell’anima. L’8 dicembre si espone la bandiera del Regno delle Due Sicilie per ricordare le virtù di una Terra consacrata alla Madre del Signore, avvocata e protettrice speciale di un popolo che le ha sempre affidato le sue speranze. È una tradizione che non appartiene al passato, ma continua a vivere nelle famiglie, nei riti comunitari e nel sentimento collettivo.
A Gaeta resta ancora qualcosa di sospeso, un fascino che attraversa i secoli. Ne parlava anche Don Paolo Capobianco, ricordando il mistero della notte in cui, nella Cappella d’Oro, l’altare rimase illuminato come per un segno d’amore rivolto al Papa. Una scena che appartiene più al linguaggio del cuore che ai documenti, ma che rappresenta perfettamente il legame che unisce la Madre Immacolata, il Pontefice e la Terra del Sud.
Nel racconto dell’Immacolata, Gaeta non è semplicemente un luogo, ma un punto d’incontro tra fede, storia e identità. Un luogo in cui il popolo meridionale, con la sua devozione millenaria, ha contribuito a scrivere una delle pagine più significative della Chiesa universale. Un’eredità che ancora oggi parla e che continua a ricordarci quanto profonde possano essere le radici spirituali di una terra e di chi la abita.















