Home Attualità Quel 10 maggio: “dal Regno delle due Sicilie all’autonomia differenziata”

Quel 10 maggio: “dal Regno delle due Sicilie all’autonomia differenziata”

Il Seggio del Popolo - Locanda

di Mauro Mazzone

Il 10 maggio 1734 Carlo di Borbone entrò trionfante nella città di Napoli facendole recuperare il ruolo di capitale di uno Stato indipendente: il Regno delle due Sicilie.
Il 10 maggio 2024 il Ministro dell’ agricoltura italiano Francesco Lollobrigida, rispondendo durante il Question time all’interrogazione del Senatore leghista Giorgio Maria Berghesio ha detto, senza scomporsi: ‘’Per fortuna quest’anno la questione legata alla siccità colpisce molto di più alcune regioni del sud ed in particolare la Sicilia e per fortuna, molto meno le zone dalle quale lei proviene ma che producono un valore del vino eccezionalmente rilevante (il Piemonte ndr)”.
In duecentonovant’anni la subcultura italiana, che vede il meridione d’Italia come un’appendice inessenziale, sacrificabile sull’altare dei ben più rilevanti interessi del nord, non è mai cambiata. Questo Governo sta pertanto portando avanti la riforma dell’ Autonomia differenziata, che già nel nome rimarca con scienza e coscienza le differenze tra le pretese delle regioni del nord a danno del mezzogiorno e lo fa in continuità con le scelte politiche che hanno da sempre animato l’esperienza del regno d’Italia prima e quella repubblicana poi.
Monarchia e Repubblica sono due diverse forme di Stato, hanno cioè due diverse concezioni del rapporto tra governanti e governati, re e sudditi, rappresentanti e cittadini. La riforma dell’ Autonomia differenziata vuol incidere invece sulla forma di governo della nostra nazione, sul rapporto cioè tra le Istituzioni centrali e gli enti territoriali quali le Regioni. Il disegno leghista che ha spinto, negli ultimi vent’anni, il regionalismo alle soglie del secessionismo, peggiorando lo Stato senza migliorare le Regioni, ha minato alle fondamenta il sistema costituzionale fondato sull’uguaglianza sostanziale dei cittadini.
Si pensi all’enorme divario tra le prestazioni pubbliche rese ai cittadini del Nord e quelle rese ai cittadini delle regioni meridionali, si pensi all’assistenza sanitaria, ai trasporti, all’istruzione ed alle opportunità di lavoro per avere una idea, seppur approssimativa, di quanto già oggi la lotteria delle nascite veda una pioggia di ricchi premi inondare le città del settentrione, mentre al Sud imperversa la siccità dei diritti.
Cento miliardi, secondo gli studi più recenti, servirebbero per pareggiare i conti con il Nord, un impegno economico enorme che consentirebbe ai cittadini del meridione di avere gli stessi diritti degli italiani.

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L’autonomia differenziata corre invece nella direzione diametralmente opposta, il disegno di legge Calderoli tende ad aumentare le risorse per le regioni differenziate in base al gettito tributario raccolto sul loro territorio e promette, in maniera irriverente, di non diminuire i finanziamenti alle altre regioni, salvo però che ciò non comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. C’è da fidarsi? O forse il Ministro Lollobrigida, con le sue parole infelici ha svelato ciò che si annida nelle reali intenzioni di questo Governo? In definitiva il tema, per la gente del Sud, non è quello della forma di governo, bensì quello della forma di Stato, è ormai necessario rivendicare con forza pari diritti, che nella concezione sostanziale dell’uguaglianza si concretizzano nella definizione e nel finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale. Il disegno di legge Calderoli tutto questo lo promette, ma in realtà nulla vieta al Parlamento di approvare le leggi sulle nuove competenze alla Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, senza che prima siano definiti e finanziati i Lep, per questa ragione il Governo Meloni non sta procedendo ad una riforma costituzionale, ma, forzando il sistema delle fonti del diritto, sta procedendo secondo la procedura legislativa ordinaria. Lo fa probabilmente per due ragioni, in primis per sottrarre questa riforma al procedimento aggravato dettato dall’ art.138 Cost., che ne allungherebbe i tempi di approvazione e la sottoporrebbe, con grande probabilità, ad un referendum obbligatorio, in secundis perché approvando con legge ordinaria l’autonomia differenziata, quei vincoli promessi in essa, come ad esempio il finanziamento e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, anche se non rispettati non impedirebbero al Parlamento di legiferare nel senso delle nuove competenze alle regioni del Nord.

Duecentonovant’anni fa Napoli ritornò capitale di uno Stato indipendente, oggi invece alcuni presidenti di regione settentrionali non invocano più l’indipendenza dall’Italia come urlava il Senatúr, ma drenano tutte le risorse affamando il Sud, complice un Governo che, seppur tradito da una semplice gaffe, non riesce a nascondere più le sue vere intenzioni.

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