Home Attualità Borbone, Savoia e i funerali di Bergoglio: i neoborbonici chiariscono

Borbone, Savoia e i funerali di Bergoglio: i neoborbonici chiariscono

Tantissime le polemiche del mondo meridionalista per questa foto

BCC

In questi giorni ha fatto discutere la foto scattata a Roma, in occasione dei funerali di Bergoglio, che ritrae il principe Carlo di Borbone seduto accanto a Emanuele Filiberto di Savoia. Una vicinanza che ha suscitato critiche, fraintendimenti e, talvolta, indignazione fra i sostenitori della causa meridionale. A chiarire la posizione del Movimento Neoborbonico è intervenuto Gennaro De Crescenzo, presidente storico del movimento fondato nel 1993, con un intervento che pone fine a ogni ambiguità.
(Borbone, Savoia e i funerali di Bergoglio: i neoborbonici chiariscono)

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De Crescenzo, testimone diretto di eventi cruciali come il ritorno delle salme di Francesco II e Maria Sofia a Napoli nel 1984 e le celebrazioni del 1994 che videro la città imbandierata dai neoborbonici, ha ricordato il percorso di Carlo di Borbone al fianco del Movimento. “C’eravamo entrambi allora,” ricorda De Crescenzo, “e c’eravamo mentre Napoli si risvegliava nel nome della sua vera storia.”
Sulla controversa fotografia, De Crescenzo ha voluto chiarire che i posti alla cerimonia erano preassegnati, come avviene da decenni in occasioni ufficiali, e che la frequentazione tra i due principi è inevitabile in ambienti internazionali come Montecarlo o eventi europei. Tuttavia, ribadisce senza esitazione: “A noi l’erede sabaudo non è simpatico, non ha mai chiesto perdono per quanto fatto dai suoi antenati ai popoli delle Due Sicilie e continua a ripetere falsità come ‘Napoli è una città sabauda‘.”

Il presidente neoborbonico invita alla lucidità: “Sono passati oltre 150 anni. Carlo di Borbone non è Francesco II, così come Emanuele Filiberto non è Vittorio Emanuele II. Chi pensa il contrario, o è troppo in buona fede o necessita di un bravo specialista.”
De Crescenzo, con l’ironia che da sempre accompagna il Movimento, respinge con decisione ogni idea romantica o anacronistica di una “restaurazione” borbonica: “Se qualcuno crede davvero che Carlo possa ricostruire il Regno dei suoi avi, ci chiediamo quali accordi diplomatici abbia già chiuso con l’Italia, l’Europa o l’ONU.

Ma il chiarimento più importante riguarda l’identità del Movimento Neoborbonico stesso: “Non siamo e non siamo mai stati un movimento monarchico“, ribadisce De Crescenzo. “Siamo un movimento culturale. La scelta del nome, nata da un confronto con l’amico Riccardo Pazzaglia, era provocatoria, utile a infrangere il muro di silenzio e ignoranza che circondava la nostra storia.

Un progetto che ha pagato, conquistando in trent’anni risultati straordinari: migliaia di persone sensibilizzate, bandiere delle Due Sicilie che sventolano ovunque, la parola “neoborbonico” diventata sinonimo di orgoglio e riscatto. “Senza di noi“, sottolinea De Crescenzo, “forse oggi pochi parlerebbero di questi temi, mentre allora molti ignoravano persino chi fossero i Borbone.”

Il presidente neoborbonico ricorda anche la lunga e difficile strada percorsa al fianco del principe Carlo: manifestazioni spesso osteggiate, pietre lanciate da anarchici e comunisti a Battipaglia e Avellino, interrogazioni parlamentari preoccupate della “minaccia borbonica“, anni passati negli archivi a riscoprire una verità storica negata. E, in tutto questo, la presenza costante e il sostegno morale di Carlo di Borbone, protagonista di dichiarazioni a favore della storica verità, promotore di borse di studio, benefattore di ospedali e parrocchie del Sud.

Infine, De Crescenzo guarda al futuro con la consueta chiarezza:Se un domani i progetti della Casa Reale Borbone Due Sicilie dovessero cambiare, noi continueremo il nostro cammino come sempre, da volontari, senza padrini né padroni. Il nostro impegno per la Memoria, l’Orgoglio e il Riscatto del Sud non cambieranno. Con parole semplici e forti, Gennaro De Crescenzo ribadisce ciò che, in fondo, è sempre stato chiaro: la storia dei popoli non la cambiano i principi, ma la determinazione di chi non si arrende, di chi continua a credere che l’onore, la verità e la dignità non siano concetti antiquati, ma strumenti per costruire il futuro.

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